Goletta Verde

Dalla decarbonizzazione del trasporto marittimo alle questioni energetiche a partire dalla dipendenza della Liguria dalle fonti fossili al rigassificatore di Panigaglia

Buone notizie per la Liguria. Il Parco delle Cinque Terre si prepara a diventare una zona costiera innovativa e green. Il ministero dell’Ambiente ha di recente approvato un nuovo Disciplinare integrativo dell’area marina protetta, che trasformerà, entro il 2025, il Parco delle Cinque Terre in una fascia costiera a impatto zero. Una zona di riserva nella quale sarà consentita la navigazione solo delle imbarcazioni a propulsione elettrica. Una notizia che proietta la Liguria verso il processo della decarbonizzazione del trasporto marittimo ma su cui per Legambiente si deve però accelerare il passo. Allo stesso tempo per l’associazione ambientalista è importante che per il futuro del golfo della Spezia si definisca anche un progetto ambientale unitario, che si basi su riqualificazione ambientale, territoriale e naturalistica e su scelte strategiche e programmatorie dei tre comuni del Golfo (La Spezia, Lerici, Portovenere), verso una visione comune nell’interesse prima di tutto dei cittadini e dell’ambiente affrontando anche le grandi questioni energetiche. 
Questi, in sintesi, i temi al centro della seconda giornata ligure di Goletta Verde alla Spezia insieme al messaggio che Legambiente lancia oggi. La storica campagna estiva di Legambiente, che dal 28 giugno al 13 agosto navigherà lungo la Penisola per monitorare lo stato di salute del mare e delle coste italiane, ha aperto la giornata con un incontro a bordo di Goletta Verde dedicato al tema “Nautica elettrica: una scelta ambientale e un’opportunità di lavoro”. La visione delle 5 Terre e le ricadute sul territorio” e che ha visto la partecipazione di Federica Barbera, Portavoce Goletta Verde, Claudio Valerani, Area Marina Protetta del Parco Nazionale delle Cinque Terre, Michele Solari, Barchelettriche Srl, Roberto Parisi 5 Terre View srl, Marco Tibiletti, Comandante di Oloferne “Goletta Verde”, Romolo Busticchi, Direttore Assonautica La Spezia, Stefano Bigliazzi, Presidente Legambiente Liguria, Fabrizia Pecunia, Sindaca di Riomaggiore, e Massimo Maugeri, Legambiente Liguria. A seguire la premiazione delle Cinque Vele di Legambiente e Touring Club alle località balneari.
“Con l’introduzione dei motori a propulsione elettrica la Liguria può avere un’opportunità per avvicinarsi agli obiettivi della transizione energetica, sempre che la produzione elettrica viri verso le fonti rinnovabili-  dichiara Stefano Bigliazzi, presidente di Legambiente Liguria – A differenza delle macchine, per trasformare una barca a motore in elettrica basta sostituire l’impianto, e questo porterebbe lavoro ai piccoli cantieri locali, oltre a diminuire l’inquinamento acustico e atmosferico. Dobbiamo impegnarci in azioni che aiutino ad avvicinarci agli obiettivi dell’Agenda 2030, e dobbiamo tutelare sia il mare che la costa, attraverso il confronto con le associazioni di settore, e nel rispetto dei fragili equilibri tra sviluppo e tutela del territorio”.
A tal riguardo per Legambiente tra le altre questioni da affrontare in tema di trasporto marittimo legate al golfo dello spezzino, ci sono le gigantesche navi da crociera che transitano e attraccano ai moli del porto della Spezia, creando a loro volta problemi di inquinamento atmosferico in città, con i valori di riferimento dettati dall’organizzazione mondiale della sanità che vengono spesso superati. Per Legambiente una crescita esponenziale delle crociere, non adeguata ai limiti del territorio spezzino, rende necessarie misure di controllo e di limitazione degli attracchi, in attesa della elettrificazione delle banchine. Anche il progetto Basi Blu della Marina Militare, che intende ampliare i moli e realizzare consistenti dragaggi all’interno della base spezzina, non apporterà nessun beneficio né all’ambiente né all’occupazione. Quello che occorrerebbe fare per l’associazione ambientalista è restituire gli spazi inutilizzati all’interno della base alla città, con azioni di bonifica e riqualificazione.
Altro tema al centro della seconda giornata ligure di Goletta Verde, quello energetico, portando in primo la dipendenza della Liguria dalle fonti fossili e facendo un punto sul rigassificatore di Panigaglia. L’impianto operante nella baia di Panigaglia, Golfo della Spezia, dal 1970, è l’unico rigassificatore onshore d’Italia e dal 2023 ha aumentato la sua funzionalità, rispetto all’anno precedente del 18% (passando dal trattamento di 2.205 milioni di mc di gas a 2.603). Entrambi, insieme alle altre centrali a fonti fossili presenti sul territorio, rappresentano un freno alla transizione ecologica, senza contare il grande tema delle dispersioni di metano. Questioni che, insieme all’esigenza di creare un progetto di tutela ambientale che comprenda tutto il golfo spezzino, saranno affrontate nel dibattito pubblico del pomeriggio in programma alle ore 16.00 a bordo di Goletta Verde dal titolo “Emergenza golfo: criticità e soluzioni. Gassificatore, Grandi navi, Basi Blu, Palmaria”, che vedrà associazioni e comitati del golfo confrontarsi sul tema.
“Tra le indagini condotte da Clean Air Task Force sulle perdite di metano in diversi siti italiani – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile Energia Legambiente Nazionale – i rilevamenti fatti nel rigassificatore di Panigaglia mostrano delle immagini tra le più preoccupanti. Dalla ciminiera di sfiato del sito, sono state riprese ingenti emissioni dirette di metano in atmosfera, rilevate per diversi giorni ed in maniera continua e dunque non giustificabili da una condizione emergenziale. Per meglio comprendere il fenomeno, basta pensare alle dichiarazioni di Snam, rilasciate alla trasmissione Report ad aprile 2022 (Servizio Report 04/2022), secondo le quali nel 2020, sarebbero state emesse, dal sito di Panigaglia, 786 tonnellate di metano in atmosfera, pari al consumo annuo di circa 1.200 famiglie. A questo noto problema, si aggiunge il rischio del trasferimento del rigassificatore Golar Tundra, ora posizionato a Piombino e che il Governo vorrebbe trasferire, nel 2026, proprio nell’alto Tirreno. L’acquisto da parte di Snam della nave rigassificatrice, finalizzato a far fronte all’emergenza gas generata dal conflitto russo-ucraino, era già stata una scelta miope. In un Paese con sempre più ridotti consumi di gas, oggi lo è ancora di più soprattutto pensando alle uniche e vere politiche di indipendenza energetica”.
“Occorre affrontare il tema ambientale della rada spezzina con un’ottica unitaria, che abbia al suo centro la riqualificazione ambientale, territoriale e naturalistica del nostro comprensorio- dichiara Stefano Sarti, Vicepresidente Legambiente Liguria. Ad iniziare dal tema energetico che permane, dopo la chiusura della centrale Enel, con la presenza del terminal di GNL Italia, impianto già pericoloso, ma che rischia di diventarlo ancora di più con i progetti di Hub marittimo per la gassificazione della Sardegna (progetto Vassel Reloading) e il transito di chiatte cariche di autobotti con GNL su e giù per il Golfo stesso (progetto Truck Loading)”.
Dati Liguria: la Liguria produce complessivamente, grazie a 919,11 MW di impianti termoelettrici e 374,11 MW di fonti rinnovabili, 6.406,30 GWh di energia elettrica di cui 3.215,40 GWh da termoelettrico, pari al 50,18% della sua produzione. Un altro apporto importante viene dalle importazioni di energia: 2.745,11 GWh, pari al 42,8%. Le rinnovabili hanno un ruolo decisamente marginale: le bioenergie con 18,30 MW producono appena 15,69 GWh, l’idroelettrico ne produce 89,50 GWh con 92,34 MW, il solare fotovoltaico 138,6 GWh con 146,75 MW e l’eolico 202 GWh con 118,37 MW.  Da questi dati è evidente la dipendenza dalle fossili nella Regione.
Legambiente ricorda che in Liguria sono presenti anche due centrali termoelettriche di importanti dimensioni che hanno visto negli anni diversi interventi per cambiare i combustibili in uso. La centrale Eugenio Montale, La Spezia, è uno degli impianti più grandi d’Italia. Fino al 2016 ha funzionato tramite una combinazione di gas fossile e carbone, per una potenza complessiva installata di 1282 MW, emettendo solo nel 2015 ben 2.530.000 tonnellate di CO2. L’impianto, gestito da ENEL, alla luce di una considerevole riduzione della domanda in energia elettrica, ha visto nel 2016 la chiusura della componente a gas fossile, lasciando in funzione quella a carbone, che sarebbe dovuta arrivare a fine vita nel 2021. Oggi l’impianto è spento ed è stato presentato un progetto presso il MASE, già approvato, con il quale Enel ha intenzione di riconvertire le unità da carbone a gas per una potenza finale installata di 840 MW. Il secondo impianto è quello di Vado Ligure, gestito dalla Tirreno Power e alimentato a gas fossile per una potenza di 800 MW.

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