Flash mob di Goletta Verde a Trani contro le cave dismesse e le discariche abbandonate
Legambiente “Per rilanciare il settore delle costruzioni e ridurre il prelievo da cave bisogna andare verso l’economia circolare. Esistono alternative che si fondano sul riciclo e il riuso e che permetterebbero di ridurre le discariche”
Seconda giornata della tappa pugliese di Goletta Verde, dedicata al tema delle cave e delle discariche dismesse.
Gli attivisti e le attiviste di Goletta Verde hanno srotolato lo striscione LIBERI DAI VELENI in località Contrada Casarossa ad Agro di Trani, per denunciare lo stallo della situazione riguardo le cave dismesse e abbandonate e il rischio che divengano delle discariche abusive.
Le cave sono un indicatore efficace per capire a che punto siamo della transizione del settore delle costruzioni verso un modello che punti su qualità ambientale e riciclo, capace di fermare la drammatica crisi iniziata nel 2008. Il mondo delle costruzioni ha oggi la possibilità di passare da un modello lineare – con al centro il prelievo di materiali, la costruzione e lo smaltimento in discarica – ad uno circolare dove l’obiettivo è puntare su recupero, riciclo, riqualificazione urbana e territoriale. È una trasformazione tutto tranne che semplice, perché presuppone di cambiare l’intera organizzazione delle diverse fasi di appalto, progettazione e cantiere. Ma è ineludibile sia nell’interesse generale,sia per il differente impatto sull’ambiente e sul clima, sia per quello di chi lavora nel settore, perché in questa prospettiva si aprono opportunità di innovazione di impresa e di creazione di lavoro di grande interesse.
Come in tutte le regioni d’Italia anche la Puglia deve fare i conti con la distruzione del paesaggio e dell’ambiente a causa delle cattive condotte nelle attività estrattive.
La Puglia è tra le regioni italiane che conta il maggior numero di cave autorizzate e dismesse, un triste primato che si rafforza nella città di Trani che conta il maggior numero di cave in un solo agglomerato urbano, con un rapporto tra cave autorizzate e cave dismesse di uno a 7.
Questa situazione rappresenta un problema su più fronti: da una parte si evidenziano attività estrattive non conformi alle discipline ambientali di riferimento, dall’altra le cave dismesse o abbandonate vengono spesso utilizzate come discariche, non solo di residui del processo estrattivo, ma, spesso, di qualsiasi tipo di rifiuti.
Emblematico l’episodio della cava fumante in contrada Monachelle a Trani che ha rilasciato nell’aria fumi tossici per diversi giorni prima di essere messa parzialmente in sicurezza.
“Nel comune di Trani le cave dismesse, autorizzate e non, superano le 200 unità – dichiara Pierluigi Colangelo, presidente di Legambiente Trani. Bisogna iniziare a pensare a come mettere in sicurezza tutti questi siti, per scongiurare oltre che il pericolo concreto di incidenti, anche il rischio che diventino discariche. Chiediamo che il previsto censimento delle cave autorizzate e dimesse, disposto dalla legge Regionale n°22 del 2019, trovi concreta ed immediata attuazione, per poter finalmente individuare i soggetti responsabili della messa in sicurezza e del ripristino dello stato dei luoghi”.
Sono 4.168 le cave autorizzate in Italia e 14.141 le cave dismesse o abbandonate, secondo i dati contenuti nel Rapporto Cave 2021 di Legambiente. Tra le Regioni che presentano un maggior numero di siti destinati alle attività estrattive si trovano in Sicilia, Veneto, Puglia (388 cave autorizzate), Lombardia, Piemonte e Sardegna, tutte con almeno 300 cave autorizzate presenti al momento dell’elaborazione dei dati. Per le cave dismesse spiccano i dati della Lombardia, con oltre 3.000 siti chiusi, ma anche di Puglia (2.522) e Toscana (2.400).
Dal rapporto si evince che, rispetto al passato, sono diminuite le cave attive, ma, come è logico intuire, aumentano quelle dismesse o abbandonate, ben 727 in più. Un numero che risulta davvero impressionante perché solo una piccola parte vedrà un ripristino ambientale.
“La situazione delle cave dismesse e delle discariche abbandonate in Puglia è diventata insostenibile – dichiara Ruggero Ronzulli, Presidente di Legambiente Puglia, e Trani detiene il triste primato di città con maggior numero di cave in Italia. La Puglia è la seconda a livello nazionale per cave dismesse oltre ad essere tra le regioni con maggior numero di cave autorizzate, ma i canoni sono ancora irrisori e le normative inadeguate. Il tema è di piena attualità visto il rilancio dei cantieri previsto con il Recovery plan, in particolare di alta velocità ferroviaria, ma anche in edilizia con il super bonus di cui si sta discutendo la proroga. Questa situazione può essere cambiata guardando a esempi virtuosi italiani e europei. In particolare le direzioni da intraprendere riguardano una corretta gestione del ciclo estrattivo e della sua integrazione nel paesaggio, il recupero delle aree dismesse che generano nuove opportunità ecosistemiche, didattiche e ludiche, ed il riciclo di materiali da demolizione per far sì che anche questo settore colga il potenziale offerto dall’economia circolare”.
“Non esistono più scuse – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente , quando parliamo di cave dismesse e discariche abbandonate. Dobbiamo puntare alla trasformazione generale, che deve passare dalla riqualificazione urbana e territoriale. Non è accettabile che il recupero di rifiuti provenienti da demolizione e ricostruzione faccia fatica a decollare e che si continui a devastare il territorio con l’estrazione di materiali che possono essere sostituiti da altri provenienti dal riciclo, e aprire cave senza garantire il ripristino progressivo delle aree. La strada è quella segnata dalle direttive europee e dalle leggi nazionali, eliminando tutte le barriere per far si che i materiali possano essere riutilizzati nelle opere pubbliche e nei cantieri privati. Inoltre non dimentichiamo che – conclude Ciafani – gli studi evidenziano come la filiera del riciclo in edilizia garantisca il 30% di occupati in più a parità di produzione. Al Governo Draghi chiediamo di cogliere l’occasione dei cantieri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per realizzare questo cambiamento”.