
Goletta Verde arriva in Sardegna: il futuro energetico dell’isola passa dall’eolico offshore e dalle rinnovabili
La Goletta Verde arriva in Sardegna, a Porto Torres (SS), per la terza tappa della storica campagna estiva di Legambiente che monitora lo stato di salute delle acque marine e della costa della Penisola. La campagna itinerante, che si concluderà l’11 agosto in Friuli-Venezia Giulia, è realizzata con le partnership principali di ANEV, CONOU, Novamont e Renexia e la media partnership de La Nuova Ecologia.
Tema di apertura della tappa in Sardegna l’eolico offshore e le energie rinnovabili al centro della conferenza dal titolo “Il Vento del futuro. Tra innovazione, paesaggi energetici, territori e decarbonizzazione”, che si è svolta questa mattina al porto di Porto Torres alla presenza di Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna, Marco Crestani, portavoce di Goletta Verde, Marta Battaglia, direttrice di Legambiente Sardegna, Giorgio Querzoli, responsabile Comitato scientifico Legambiente Sardegna, Vincenzo Tiana, responsabile Energia di Legambiente Sardegna, Michele Meloni, presidente Circolo Legambiente l’Olivastro Sassari, Massimo Mulas, sindaco di Porto Torres, Diego Loi, sindaco di Santu Lussurgiu e Antonio Sassu, assessore all’Ambiente del comune di Sassari.
Secondo Legambiente, il futuro energetico e lo sviluppo economico dell’isola passano per l’eolico offshore e le rinnovabili. Per far ciò occorre avere il coraggio di andare in questa direzione e, perché la transizione ecologica sia una vera occasione di sviluppo per l’isola, deve essere governata. Il potenziale per la Sardegna è enorme e sono già disponibili i progetti per far raggiungere alla Sardegna gli obiettivi al 2030. Basti pensare che in Sardegna sono stati presentati ben 177 progetti, attualmente in attesa di valutazione statale, di cui almeno 20 per eolico offshore. A questi si aggiungono le 36 richieste di connessione a Terna per 23,73 GW di possibile potenza installabile.
La Sardegna dal punto di vista energetico rappresenta il contesto territoriale perfetto per lanciare da subito una politica che guardi al futuro senza passare, come vorrebbero in molti, per il gas fossile e climalterante. Questa, infatti, è l’unica regione italiana a non avere una infrastruttura gas ramificata, e i suoi fabbisogni energetici complessivi vengono soddisfatti soprattutto attraverso carbone e petrolio, a cui si aggiungono una piccola percentuale di una ‘miscela’ composta da gas e aria propanata – importata e immessa nel deposito costiero nel porto industriale di Santa Giusta – e metano.
Dando uno sguardo al solo settore elettrico, secondo Terna, nel 2021 in Sardegna sono stati prodotti 12,51 TWh netti di energia, di cui il 71% da fonti fossili, che sempre secondo Terna, hanno immesso in atmosfera 5,7 milioni di tonnellate di CO2.
“Invece di puntare ancora sulla metanizzazione e sui rigassificatori, la Sardegna dovrebbe cogliere l’occasione per portare innovazione e costruire un sistema energetico basato sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica – spiega Annalisa Colombu, presidente Legambiente Sardegna. I progetti ci sono, le imprese sono pronte: serve che il sistema istituzionale si prenda la responsabilità di valutare, scegliere i migliori progetti e governare, insieme ai territori interessati, il processo di realizzazione degli impianti perché siano massime le ricadute sia in termini ambientali che di sviluppo locale. Nell’isola sono in discussione ben 5 rigassificatori: Porto Torres, Portovesme, Olbia, Oristano, Cagliari – e 2 depositi di GNL a Oristano. A queste si aggiungono la conversione della Centrale Termoelettrica di Ottana da oli combustibili a gas, e la realizzazione di una nuova Centrale a Olbia, entrambe con progetti di VIA aperti presso il MASE; e vari gasdotti per il trasporto di gas nelle aree più prossime ai rigassificatori. Il trasporto nel resto dell’Isola dovrebbe avvenire su gomma. Il tutto per una spesa di almeno 74,4 miliardi di euro.”
Uno studio condotto dall’RSE sulla metanizzazione della Sardegna, pubblicato nel 2020, ricostruisce differenti scenari in base alle tecnologie e al livello di penetrazione del gas fossile all’interno dell’isola; i costi complessivi, nel ventennio 2020-2040, potrebbero arrivare a circa 74,4 miliardi di euro ripartiti in costi per l’acquisto dei vettori energetici, per il trasporto e distribuzione del GNL e del gas fossile, per la realizzazione dei depositi costieri e dei rigassificatori, per l’acquisto delle tecnologie per gli utenti finali (es. caldaie a gas), per la copertura dei margini dei venditori. Per non palare dei costi relativi alle esternalità ambientali pari a 39 miliardi di euro. Il costo più alto che pagheranno proprio i territori sardi.
Costi esorbitanti e a cui andrebbero aggiunti l’aumento dei costi della materia prima oltre ai costi relativi ad altre infrastrutture non considerate nello studio. Ad esempio, nello studio sono stati considerati solo 5 rigassificatori e mancano i costi relativi ai depositi di GNL di Portovesme e Olbia. Per Legambiente queste risorse dovrebbero essere investite in una politica energetica che faccia diventare la Sardegna la prima grande isola interamente alimentata da fonti rinnovabili, bruciando le tappe lungo la strada verso la decarbonizzazione. Infatti, in Sardegna risultavano presenti, a fine 2022, solo 2.837 MW di potenza installata da fonti rinnovabili con oltre 48 mila impianti presenti nel territorio regionale che contribuiscono alla copertura del 31,6% dei consumi elettrici.
“Il fatto che il numero di progetti sia così elevato è indice che ci sono tante imprese pronte ad investire, portando innovazione, sostenibilità e posti di lavoro – dichiara Marco Crestani, portavoce Goletta Verde. Ma per fare questo è necessaria una cabina di regia che governi e regolamenti i progetti, a partire dalla loro presentazione. La Sardegna è naturalmente un ottimo territorio per lo sviluppo delle rinnovabili, che produrrebbero ricadute importanti non solo a livello ambientale, ma anche economico. Ma solo con le giuste politiche la Sardegna può andare verso il futuro lasciando indietro le preistoriche fonti fossili”.